Il Louvre e liberté, égalité e Beyoncé per davvero

Jay Z e Beyoncé hanno girato un video al Louvre e tra tutti gli ah e eh delle recensioni al video che si susseguono da un paio di settimane, il Louvre (quello di Parigi) ha proposto una cosa super pop e che è probabile sia la ragione principale per cui il museo ha acconsentito a far girare il video: il tour del museo con le opere del video.

Come riporta l’agenzia France Presse non è il primo tour tematico del Louvre ispirato ai video e alla loro iconografia. Tanto meno è la prima iniziativa di un museo che si basi su riferimenti cinematografici, musicali o simili, come esaminava un paio di mesi fa il Washington post. Nina Simon lo analizzava su Museum 2.0 poco dopo l’uscita dell’articolo e le iniziative lì (ivi?!) citate, tra le altre la sua, aka del Santa cruz Museum of Art & History, e descriveva quelle dei musei “grandi” (da cui esclude, giustamente, il proprio lavoro) come una pratica barbina di audience development. E così scrive:

What does this list have in common? Youth. Urbanity. Affluence. Whiteness. Reading this article made me wonder: what are the greatest diversification issues in museums today? When we talk about the need to engage new audiences, who are we primarily talking about? This article implies that the most important new audiences are white, urban millenials with money to spend.

Serviva al Louvre usare Jay Z e Beyoncé per attrarre visitatori? Come sempre, che visitatori vogliamo?

Che l’iniziativa del Louvre sia una cosa superflua (sarebbe fantastico (per me) conoscere la variazioni di pubblico prima e dopo) a me salta un po’ agli occhi, perché, se è vero che la metà degli otto milioni di visitanti del Louvre hanno già meno di trent’anni, sono i tempi così duri che ce ne vogliono degli altri? O è solo un vezzo?

Mi affascina leggere che il Louvre non abbia dichiarato quanto sia stato il proprio cache per far girare il video (anche se immagino spunterà fuori a un certo punto, in qualche noioso documento di fine anno), e mi fa tenerezza perché immagino le infinite presentazioni sul ReturnOnInvestment che il video avrebbe portato al museo, dato che in questo caso poi l’investimento è tutto di immagine. Un’immagine per un’immagine. E considerando che di sicuro hanno fatto i loro conti per bene, mi viene da pensare a un paio di autori e al ritorno dei musei ai parchi tematici, alla competizione che i musei hanno sviluppato con le istituzioni che avevano a modello. Mi chiedo come saranno queste visite, quale saranno gli script dei contenuti e le opere che realmente si mostreranno.

Mi chiedo quanto si impiegherà a spostare la Gioconda a Charles de Gaulle, un progetto di cui analizzammo qualche dettaglio quasi esattamente un anno fa a Berlino con amici di amici. Si parlava delle mostre, della noncuranza con cui le opere vengono trattate per essere esposte il più possibile in più posti possibile, della passione viscerale dei visitatori per vedere l’originale ma rimanerne poi delusi data l’ottima qualità delle versioni digitali delle stesse opere cui sono (siamo) abituati. E appunto ci immaginammo la meraviglia di spostare la Gioconda. Per me si trovava appesa al centro di un edificio cilindrico, avvolta da tapis roulant da aeroporto, tra un terminal e l’altro, e chi era interessato a vederla, non sarebbe entrato più a Parigi ma avrebbe fatto semplicemente scalo in aeroporto e via. Puf.

Spero la porteranno via presto, e chissà magari i musei saranno circhi di immaginari collettivi per davvero, apertamente e con gusto.

Foto: il museo espone il parco di divertimenti: mostra fotografica di bambini locali del secolo scorso, San Cristóbal de las Casas, Messico, luglio 2017. La bambina vera è a sinistra, fyi.

p.s: Il tour che ora proporranno (di cui non trovo ancora traccia almeno nel sito, su facebook nemmeno) dovrebbe aver quindi per oggetto le opere del video, facendo leva su un postcolonialismo pop che vorrei tanto sapere come verrà presentato. Ci collegheranno l’attualità di Parigi? Francese? Europea? O si parlerà solo di quanto grandiosamente il Louvre sia stato un paladino di libertém

p.p.s: i riferimenti bibliografici sono ovviamente Tony Bennett e Douglas Crimp

p.p.s.: notevole secondo me è anche il cambio di frames di narrazione storica in un video facebook di Al Jazeera in cui si parla della colonizzazione europea da parte di Napoleone. Certo, sentito e studiato in contesti accademici. Ma in un video di Facebook di Al Jazeera?! Magnifico.

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