Non dimostrare la propria età

C’è questa cosa importante del dimostrare o meno la propria età cui penso da anni, dato che non brillo per la mia altezza e sono ben più bassa dei miei genitori, e se si dovesse prendere me come esempio per valutare come le prossime generazioni si svilupperanno, nell’arco di cinque saranno tutti alti un palmo meno di un metro.
Traslocare a Berlino da questo punto di vista ha significato toccare con mano il fondo. Dal non arrivare a vedere cosa lo schermo del bancomat mi dicesse, all’ovvio ricevere gomitate in faccia sui mezzi di trasporto. Le situazioni più sgradevoli qui però le ho sempre vissute in contesti semi ufficiali, e quando un paio di giorni fa Enrica ha parlato in una diretta di Instagram di un episodio simile che le era capitato (in Italia), ho iniziato a pensarci di nuovo e mi ha dato sempre più fastidio..

 

Mentre essere alta come i ragazzini di prima media è una cosa con cui faccio i conti da quando ho smesso di crescere fisicamente, il non esser presa sul serio dove mi aspetto che lo si faccia, credo che nel mio caso (e forse nel caso di diverse donne italiane basse) sia dovuto a un misto tra l’aspetto esteriore e il modo in cui sempre ci poniamo, indipendentemente poi dal genere.

Se penso ad un aggettivo inglese per descrivere il modo di porsi dei tedeschi è “assertive”, che è quel misto di sicurezza, determinazione e a volte arroganza che portò anni fa un mio semiamico a definirsi SOCIOLOGO solo perché studiava Sociologia. Creai seduta stante una pagina di Wikipedia con il suo nome e cognome, credo di averne uno screenshot. Questa serena spavalderia è la cosa più distante da come noi italiani ci poniamo nei confronti del lavoro, dello studio e dell’esistenza – ovvero, sempre pronti a dubitare di noi e degli altri.

Del resto in tedesco (come anche in spagnolo) il verbo credere può reggere il tempo INDICATIVO e non è soggetto all’uso del congiuntivo per giustificare la parzialità del pensiero espresso*.  Ich glaube, es ist so. Ma cosa vuoi credere te?!

L’episodio più sgradevole che mi sia successo di recente è di tre settimane fa, ad un corso di InDesign.  Un crucco massiccio di 1,90m che era il mio prof (anche lui fatto per sfatare ogni cliché, con la sua uniforme berlinese dei primi duemila con anfibi con 25°C, tshirt & jeans neri per l’intera settimana, occhiali come Cutler) mi disse che avrei ricevuto un biscotto se l’esercizio che gli chiedevo di controllare proiettandolo in classe davanti a tutti fosse stato fatto bene. Un biscotto. Son rimasta così male che lì per lì ci ho riso ma poi ho smesso e lo racconterò a vita**.

Mi ero espressa io chiedendo con troppe moine per i loro standard se per favore potesse gentilmente controllare il mio esercizio, perché il risultato sembrava giusto però ecco mi sa che mi ero incasinata coi livelli e avevo la sensazione che qualcosa non andasse? Avevo messo troppi per favore? Sì, di sicuro. Perché ero una delle più grandi*** in aula ma lui non lo sapeva e il mio aspetto e il modo di parlare non lo dicevano forte abbastanza e lui mi trattava di conseguenza. Gli ho anche dato del Lei all’inizio del corso (standard tedesco) poi mi sono adattata a quello che aveva fatto un altro corsista, ben più grande di me, dandogli del tu e basta.

 

La cosa che più mi cruccia di tutto questo è rendermi conto di quello che faccio io. Dei tedeschi non me ne frega assolutamente niente, ma mi chiedo solo se io ho mai trattato le persone nello stesso modo, non per l’età che dimostrano, ma per il modo in cui si pongono. Se ci penso bene le persone a me più care sono in fondo delle gran fricchettone (ciao Nico! Ciao Gloria! Ciao Nikos! Ciao Vale!), o persone che danno all’aspetto esteriore il giusto peso o nessun peso. Prego di non averlo mai fatto e non farlo mai, e continuare a poter stare in contesti che mi permettano di dare al contenuto sempre più importanza che al contenitore****.

 

Pic: sedie dismesse nel cortile della mia scuola media, Pesaro, settembre 2017.

 

*Splendido per me è che in spagnolo “credere che” regge l’indicativo mentre il “NON credere che” regge il congiuntivo. Avanti con le speculazioni, mie prodi.

** siccome certe cose me le lego poco al dito FYI questo è il prof: sinissey.de/

 

***su nove corsisti sei erano studenti universitari, di cui uno, il mio vicino, ha passato il tempo su facebook (che disagio) e anche se all’inizio ci eravamo presentati raccontando qualcosa su di noi, nessuno aveva detto l’età, il che lo avrà portato a pensare che avessi 20 anni e fossi una studentessa erasmus.

 

****questo può sembrare faccia a pugni con la mia tendenza a ricercare un’estetica delle cose e delle persone, ma invece quest’attitudine secondo me non cozza con come sarebbe bello porsi nei confronti del prossimo.

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